Ripartire dai giovani, per uscire rafforzati da un anno di pandemia che ha aggravato la situazione socio-economica del Paese. Preparare giovani che entrino nel mercato del lavoro con le competenze tecniche e trasversali necessarie per affrontare la complessità e la trasformazione digitale in atto. La proposta di Alessandro Rosina, esperto di fenomeni giovanili e di politiche di transizione scuola-lavoro e il punto di vista di Michael Heister, direttore dell’ente federale tedesco per l’orientamento professionale (BIBB Bundesinstitut für Berufsbildung), ospiti all’evento organizzato da StartNet il 19 marzo, in concomitanza con la chiusura di Didacta Italia 2021.
Di Gaia Fiertler
Il paradosso italiano è la domanda insoddisfatta di skills digitali e di competenze tecniche per molte professioni emergenti, in un Paese con una disoccupazione giovanile e una percentuale di NEET ben sopra la media europea. Indicatore di un sistema scolastico e di transizione scuola-lavoro che, nel suo complesso, non riesce a preparare adeguatamente i giovani per il nuovo mercato del lavoro e che rischia di peggiorare, dopo un anno di didattica a distanza e di sostanziale interruzione delle assunzioni. La percentuale di NEET in Italia ha ripreso a salire nell’anno del Covid, arrivando al 23,9% dopo un 2019 in diminuzione al 21,2%. Questo vuol dire che, in Italia, un giovane su quattro tra i 15 e i 29 anni non studia e non lavora, contro una media europea del 12%. Resta alta, ma costante per ora, anche la dispersione scolastica dopo la scuola media inferiore (13,5%). Ma il problema potrebbe approfondirsi perché non tutti stanno avendo la medesima opportunità di accedere all’istruzione con rete Internet e computer. L’8% dei giovani di tutte le fasce scolastiche, per esempio, è rimasto escluso dalla dad quest’anno, percentuale che sale al 23% con i giovani disabili (dati Istat). Di fronte al profondo cambiamento dell’economia, con complessità dei mercati, innovazione tecnologica esponenziale e rapida obsolescenza delle competenze, sono due le leve fondamentali su cui agire secondo Alessandro Rosina, professore di Demografia all’Università Cattolica di Milano, ospite dell’incontro di StartNet Italia previsto a Didacta il 19 marzo alle 14.30. Innanzitutto un nuovo modello didattico orientato alla collaborazione e alla risoluzione dei problemi. In secondo luogo, è necessario mettere a sistema tutti gli attori coinvolti nei processi di istruzione e transizione scuola-lavoro, partendo da un solido orientamento fino all’apprendistato, che sia funzionale ad acquisire competenze spendibili nel mercato del lavoro.
Le sfide per il sistema scolastico: coinvolgere i giovani e allenarli al problem solving
Oggi il mercato del lavoro richiede solide competenze tecniche, accompagnate da soft skills quali problem-solving, flessibilità, creatività, auto-imprenditorialità e capacità di lavorare in gruppo. Come portare i giovani a impegnarsi e a trovare soluzioni in un mondo che pone di continuo nuove sfide? «Va cambiata la metodologia didattica, superando l’aula frontale e nozionistica a vantaggio di un approccio più laboratoriale e sperimentale, dove si impari anche facendo, dove si possa sbagliare e riprovare in una logica di apprendimento dinamico e adattativo. Ma, prima ancora, per ingaggiare i giovani a scuola, superando l’alto rischio di abbandono, bisogna capire il cambiamento antropologico in corso. I giovani di oggi hanno istanze, valori, comportamenti e modalità di apprendimento diversi da quelli di 15 anni fa. Per impegnarsi chiedono di essere parte attiva, di giocare un ruolo da protagonisti ma, allo stesso tempo, si demotivano facilmente se non hanno rinforzi positivi dall’esterno: dalla fiducia del formatore, attento all’unicità e al valore del contributo individuale, fino agli esempi positivi di altri ragazzi che, a fronte di un investimento nello studio, trovino successo nell’inserimento nel mercato del lavoro», spiega Rosina.
Il valore delle esperienze in rete
E qui arriva la seconda leva fondamentale: mettere a sistema le esperienze territoriali in modo da creare una diffusione di buone pratiche e, a monte, aggregare in modo efficace intorno al processo scuola-lavoro tutti i soggetti interessati, dalla scuole alle imprese fino ai centri per l’impiego. Sul sistema degli ITS, Istituti Tecnici Superiori, per esempio, la via italiana alla formazione terziaria professionalizzante ispirata alle Fachhochschule tedesche, si nutrono grandi speranze perché il metodo funziona. In pratica, le migliori esperienze di innovazione delle aziende italiane vengono messe a disposizione di questi bienni specialistici post diploma per fornire ai giovani competenze tecniche avanzate, attraverso la docenza aziendale, che li rende appetibili per il mercato del lavoro con un’occupabilità che supera il 90%, a 6 mesi dal diploma, negli indirizzi più richiesti come la meccatronica e l’ICT. Sono ancora piccoli numeri (10mila iscritti), ma si punta sul potenziamento del numero delle classi e sulla sempre maggiore curvatura dell’offerta sulle richieste di professionalità del mercato.
Anche il modello duale tedesco punta al digitale
Il modello duale per la formazione professionale in Germania funziona ed è consolidato da decenni, ma negli ultimi anni con il cambiamento del mercato del lavoro, la digitalizzazione dei sistemi produttivi e le sopraggiunte difficoltà dell’anno del Covid sta affrontando nuove sfide. «Fino a vent’anni fa tre anni di apprendistato retribuiti da un’azienda, con contemporanea frequentazione di istituti professionali, erano la principale modalità di inserimento nel mondo del lavoro e una buona percentuale iniziava molto presto, a 14 anni. Oggi le cose sono un po’ cambiate», racconta Michael Heister, direttore di dipartimento dell’ente federale tedesco per la formazione professionale (BIBB). Oggi uno su due frequenta il ginnasio, gli altri altre scuole e dei diplomati (anche brevi) solo il 30% affronta il percorso di professionalizzazione duale. Gli altri iniziano a lavorare o si iscrivono all’università. «Con la crescita di domanda di competenze specialistiche e digitali dell’Industria 4.0, si sta affermando la tendenza ad assumere neolaureati triennali delle università tecniche, le Fachhochschule, che prevedono 9-10 mesi di tirocinio», spiega Heister.
La Germania ha un sistema di orientamento professionale ben articolato, che guida il giovane dalla scoperta delle proprie attitudini provando per due settimane tre aziende di settori diversi, fino a sostenerlo durante l’apprendistato anche con figure professionali in pensione. Queste si mettono a disposizione per aiutarlo a portare a termine il percorso professionalizzante, un sistema che contribuisce a contrastare l’abbandono scolastico, del 10% in Germania, mentre sale al 25% nei primi sei mesi di apprendistato, ma in tal caso viene convertito in altri percorsi, nonché ad arginare il tasso di giovani NEET, che è al 15%. Ora la sfida, anche per la Germania, è quella di orientare a contenuti più digitali i programmi delle scuole professionali per essere appetibili sia per i giovani sia per le aziende e introdurre, dove possibile, metodologie didattiche digitali, più adeguate ai tempi. «È difficile fare formazione a distanza su competenze pratiche, ma una tecnologia come la realtà virtuale oggi consentirebbe di riprodurre realisticamente movimenti e azioni da compiere su una macchina, pur richiedendo forti investimenti. Siamo solo all’inizio di un processo, che sicuramente avanzerà velocemente. Intanto la scuola tedesca si è trovata impreparata con la didattica a distanza per i vincoli normativi al trattamento dei dati di minori, che hanno sempre frenato l’utilizzo di piattaforme digitali, ma ritengo che bisognerà aggiornare la norma quando si uscirà dall’emergenza. Di sicuro, estenderemo la possibilità di fare remote-working anche agli apprendisti che lavorano negli uffici, possibilità negata fino a un anno fa», conclude Heister.
Gaia Fiertler, giornalista freelance, segue la trasformazione digitale delle imprese e il suo impatto sulla formazione, le nuove professioni e la leadership per siti e riviste specializzate in HR e Industria 4.0.